“Questa ricerca di una possibilità di mettere in armonia gli interessi economici delle diverse classi sociali per evitare la rivoluzione e rafforzare la monarchia, portò Quesnay (23) non solo a cercare la scienza economica, ma anche a formulare senz’altro ‘la geniale schematizzazione dei rapporti economici fra le classi sociali’ ch’egli chiama il ‘Tableau économique’. I fisiocratici hanno perfetta conoscenza dell’importanza di quella scoperta: Luigi XV, a quanto pare, lo stampa con le sue mani. Mirabeau lo definisce una delle 3 scoperte  “che han dato alle scienze politiche la loro principale solidità”, e cioè “la contabilità, la moneta e il ‘Tableau économique'”. Eppure, quando il fondatore dell’economia liberale, Adam Smith, discepolo diretto di Quesnay, pubblica la ‘Ricchezza delle Nazioni’, niente più tracce di ‘Tableau’. Il problema dei rapporti economici complessivi fra le classi sociali trascendeva la ‘coscienza possibile’ della borghesia liberale. Di fatto il ‘Tableau’ è sempre stato ignorato dai principali rappresentanti di quell’economia fino agli anni più recenti. Ancora nel 1910, Weulersse redigeva una tesi di 1300 pagine in 8°-grande sul movimento fisiocratico e al ‘Tableau’ dedicava appena 10 pagine, senza minimamente rendersi conto  della sua importanza. Così il manuale più diffuso di storia delle dottrine economiche all’inizio del secolo, opera di Gide e Rist, ci informava  che il ‘Tableau économique’ suscitava fra i contemporanei un’ammirazione incredibile che oggi fa sorridere (24) e, come l’esposizione di Gide, “non dà che un’idea imperfetta degli incroci e dei rimbalzi di redditi di cui i fisiocratici si divertono a seguire con gioia infantile i contraccolpi. Ed essi immaginano davvero di scoprire la realtà. Sono inebriati perché ritrovano in ogni occasione il conto esatto dei loro miliardi” (p. 23). Eppure in quel momento il ‘Tableau’ è rientrato ormai da tempo nel quadro della teoria economica. Il primo a capire di nuovo la sua importanza fu Karl Marx che, oltre alle analisi contenute nelle ‘Teorie sul plus-valore’, dove parlando del ‘Tableau’, scrive che “mai l’economia politica aveva avuto un’idea così geniale” (t. I, p. 115), giacché “Smith ha semplicemente raccolto la successione dei fisiocratici, catalogato e specificato con maggior rigore i diversi articoli dell’inventario senza la capacità di dare al quadro complessivo la esattezza di sviluppo e di interpretazione indicata, nonostante le ipotesi erronee di Quesnay, nel ‘Tableau économique’ (p. 115), gli consacra la maggior parte del II libro del ‘Capitale’, introducendo, tuttavia, un’importante modifica. Egli sostituisce le classi principali del tempo di Quesnay, proprietari terrieri e classi sterili, nobiltà e terzo stato, con le classi essenziali del suo tempo, operai e capitalisti. Il destino successivo del ‘Tableau’, che nella letteratura marxista si chiamerà ‘Schemi della riproduzione’, non è meno interessante. Marx, il quale come Quesnay scriveva nella prospettiva di una rivoluzione, aveva subito compreso l’importanza dell’idea geniale di quest’ultimo. Ma, quando appare il II libro del ‘Capitale’, il capitalismo attraversa un periodo di stabilità, e non esiste la prospettiva di una rivoluzione. E nel campo marxista – tranne, beninteso, Engels – nessuno capisce la importanza di quegli schemi. Un critico marxista si chiederà persino perché Engels pubblicasse quei calcoli privi di interesse. Il primo a capire la loro importanza sarà Tugan-Baranowski, in Russia, nel 1894, undici anni prima del 1905. E li capirà, nella prospettiva della rivoluzione borghese russa, come affermazione della possibilità di uno sviluppo indeterminato del capitalismo. Questa interpretazione darà ad essi, a sua volta, il marxismo riformista dell’Europa occidentale con Hilferding, Kautsky, ecc., e anche, sul ‘terreno economico’, il marxismo russo con Lenin, Bukharin, ecc., che allo sviluppo del capitalismo riconoscono unicamente limiti ‘politici’. Solo nel 1913, alla vigilia della prima guerra mondiale, Rosa Luxemburg credé di poter scorgere un limite economico del capitalismo. In seguito, nella letteratura marxista, il dibattito proseguì per centinaia e migliaia di pagine e, nella misura in cui il problema della rivoluzione si pone alla borghesia contemporanea, pensatori qualificati come Schumpeter e Keynes, ripresero ugualmente (del resto, in modo intricato e confuso), i problemi del ‘Tableau économique’ di Quesnay” [Lucien Goldmann, Scienze umane e filosofia, Milano, 1961] [(23) Quesnay, fondatore della fisiocrazia, era il medico personale di Luigi XV, il quale stampò con le proprie mani il ‘Tableau économique’. Quesnay cominciò a occuparsi di economia all’età di 62 anni; (24) Gide e Rist, ‘Histoire des doctrines économiques’. Gide osserva semplicemente con un certo stupore l’atteggiamento del Prof. Henri Denis, il quale dichiara “che condivide assai da vicino l’ammirazione di Mirabeau”. Ma H. Denis aveva letto Marx per intero]