“Orbene, di questa ricerca, che tende a stabilire la relazione che passa tra il Sistema filosofico hegeliano e la dottrina marxista, sono chiari, noti e fuori discussione, per noi, i risultati generali, ma non altrettanto chiari sono i momenti particolari concreti della relazione che invece sono quelli che per la nostra indagine hanno un valore. Lo stesso Marx, in un Poscritto (del 1873) alla terza edizione del Capitale (21) si è sbrigato della questione molto rapidamente: “Fondamentalmente – egli dice, – il mio metodo è non solo differente da quello hegeliano ma ne è anche direttamente l’opposto. Per Hegel il processo del pensiero, che egli trasforma addirittura in soggetto indipendente col nome di Idea, è il demiurgo del reale che costituisce a sua volta solo il fenomeno esterno dell’idea o processo del pensiero. Per me, viceversa, l’elemento ideale non è altro che l’elemento materiale trasferito e tradotto nel cervello (22) degli uomini” Qui troviamo soltanto la contrapposizione generale dei due metodi di pensiero ma, dopo avere ricordato come circa trent’anni prima fosse diventato quasi una moda, in Germania, considerare Hegel come “un cane morto”, Marx così prosegue: “Per questo mi professai apertamente scolaro di quel grande pensatore e nel capitolo sulla teoria del valore civettai persino qua e là col modo di espressione che gli è proprio” (23). La mistificazione che la dialettica subisce nelle mani di Hegel non impedisce in nessun modo che egli per primo abbia esposto in modo ampio e consapevole le forme generali del suo movimento. In lui essa sta dritta sulla testa. Bisogna rovesciarla, per scoprire il nocciolo razionale entro alla scorza mistica”. In termini analoghi le due opposte concezioni filosofiche sono definite in altri luoghi dalle opere posteriori al periodo giovanile, dallo stesso Marx e da Federico Engels. Questi ha dedicato, nel 1886, alla esposizione delle relazioni tra il materialismo filosofico marxista e la filosofia classica tedesca uno dei suoi scritti più noti (24) (…)” [Palmiro Togliatti, ‘Per una giusta comprensione del pensiero di Antonio Labriola. Nel cinquantesimo anniversario della sua morte’, Rinascita, n. 4, 5,6, 1954] [in Appendice II al volume di Nicola Simonelli, ‘Ancora Togliatti. Contributo ad una disamina complessa’, Genova, 2015] [(21) Karl Marx, ‘Das Kapital’, Berlin, Dietz, 1947, p. 18, trad. it., Roma, Editori Riuniti, 1974, p. 44; (22) Ci sembra evidente che qui “cervello” debba essere inteso per evitare la posizione del materialismo volgare, come il complesso della attività conoscitiva umana, di cui il cervello è una delle condizioni materiali, poste dalla natura; (23) In realtà si tratta di qualcosa di più che del semplice modo di espressione. Questo è precisamente il capitolo che ha fatto dire a Lenin che “il Capitale di Marx e specialmente il primo capitolo non si possono comprendere perfettamente se non si è studiata a fondo e capita tutta (sottolineato da Lenin), la logica di Hegel. Quindi per quasi mezzo secolo nessuno dei marxisti ha capito Marx” (Lenin, Quaderni di filosofia, ed. russa, p. 17). Cfr, Quaderni filosofici, Roma, Editori Riuniti, 1969, p. 167; (24) Citato sopra (Friedrich Engels, Ludovico Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, Roma, 1956, p. 30)]