“E’ esatto che, secondo il pensiero marxista, la morale non è una cosa eterna ed inviolabile. Scrive Engels nell’Antidühring: “…noi respingiamo qualsiasi pretesa d’imporci qualche morale dogmatica, come legge morale eterna definitiva ulteriormente immutabile, col pretesto che anche il mondo morale ha i suoi principi stabiliti che stanno al di sopra della storia e delle differenze tra i popoli. Al contrario noi affermiamo che ogni teoria morale fin qui avuta è in ultima analisi il prodotto della condizione economica della società in ciascuna epoca”. E ancora Engels, criticando la morale di Feuerbach, osserva che “essa è adatta a tutti i tempi, a tutti i popoli, a tutte le circostanze, e appunto per questo non è applicabile in nessun tempo e in nessun luogo…”. Sarebbe facile dimostrare questo carattere storico della morale: facciamo un solo esempio. Nelle società schiaviste dell’antica Grecia o di Roma era “morale” possedere degli schiavi, in quella capitalistica è “morale” sfruttare il lavoro degli operai (…). Da questo esempio appare anche con sufficiente chiarezza come in ultima analisi la morale è il prodotto della condizione economica della società in ciascuna epoca; e infatti che cosa è la borghese “morale dello sfruttamento” se non la conseguenza che senza lo sfruttamento la classe dei capitalisti non potrebbe esistere?  A questo punto bisogna aggiungere che essa è sempre stata morale ‘di classe’. Scrive ancora Engels: “Poiché la società si agitò fin qui nei contrasti delle classi, la morale fu continuamente una morale di classe: o essa legittimò il dominio e gli interessi della classe dominante o invece, appena la classe soggetta fu divenuta abbastanza forte, rappresentò la rivolta e i futuri interessi degli oppressi”. Naturalmente la borghesia nega il carattere di classe della morale in quanto tende ad imporre la “propria” morale alle classi sfruttate per poterle più facilmente dominare. Contro il sorgere e il graduale affermarsi di una morale operaia, la borghesia non ha trovato di meglio che affermare che i comunisti – avanguardia della classe operaia – negano ogni morale. Rispondendo a questa accusa, Lenin scriveva che i comunisti negano sì quella morale che la borghesia predica, e la considerano “inganno, truffa, imbottimento di crani degli operai e dei contadini negli interessi dei proprietari fondiari e dei capitalisti”, ma in nome di una nuova morale che scaturisce dagli interessi della lotta del proletariato” [Mario Spinella, ‘Il concetto di morale secondo il marxismo’, testo tratto da articolo di periodico, anni ’50]