“Non era questo, d’altra parte, il solo punto di accordo tra alcuni esponenti del meridionalismo conservatore e Crispi: interventismo statale, tendenze accentratrici, orientamento autoritario nei confronti delle forze politiche apparvero, specialmente al Sonnino, come condizioni ideali per la realizzazione delle “riforme”. Franchetti fu colui che diede al “colonialismo meridionalista” la più compiuta espressione, sia perché egli ebbe ufficialmente l’incarico da Crispi di studiare e preparare le condizioni per i primi esperimenti di colonizzazione in Eritrea, sia perché, del gruppo della “Rassegna settimanale”, egli era ancora il più tenace assertore della “democrazia rurale”, sia pure paternalisticamente concepita. Una prospettiva di “democrazia rurale” egli vedeva appunto nella colonia, che gli appariva perciò come il punto di partenza per il rinnovamento spirituale e morale, per il “ringiovanimento” dell’Italia. Qualunque giudizio si voglia dare sulla posizione del Franchetti e sulla sua analisi delle possibilità di “colonizzazione democratica” (e si tenga presente, in proposito, la discussione che si svolse in campo socialista ad iniziativa di Antonio Labriola e l’intervento in essa di Engels: vedi K. Marx e F. Engels, ‘Scritti italiani’, a cura di G. Bosio, Milano, 1955, pp. 129-132) il suo significato storico e politico non può essere compreso se non nel quadro di colonialismo crispino: ché in realtà quella posizione implicava, con sfumature di un più accentuato paternalismo, l’accettazione dei presupposti di questo colonialismo, delle linee principali dell’indirizzo che Crispi aveva elaborato e veniva attuando. La crisi del riformismo meridionalista nell’ultimo decennio del secolo è connessa con le difficoltà e le contraddizioni di questo indirizzo: essa porterà, da una parte, all’accentuazione dello statalismo, che spingerà Sonnino al “torniamo allo Statuto” e, dall’altra, al progressivo distacco di alcuni meridionalisti, e soprattutto del Fortunato, dal gruppo e dalle posizioni della “Rassegna settimanale”, all’abbandono dello statalismo, all’anticolonialismo, alla elaborazione, in funzione anticrispina, della “politica di raccoglimento”” [Rosario Villari, Il Sud nella storia d’Italia. Antologia della questione meridionale. Volume 1, 1970]