“Lo sforzo dei collaboratori italiani di spiegare sulle colonne della ‘Neue Zeit’ al pubblico socialista internazionale le trasformazioni economiche e politiche in atto in Italia si prolunga ancora per alcuni anni. Alessandro Schiavi e Romeo Soldi, che sono in questi anni i collaboratori più attivi, dedicano i loro articoli alla campagna elettorale del 1900 o ai termini nuovi della lotta politica in Italia, ma cercano anche di sottolineare la grande estensione che con l’inizio del nuovo secolo ha assunto il movimento operaio italiano, collocandone le premesse oggettive nel rapido sviluppo del capitalismo fra la fine del XIX secolo e l’inizio del nuovo o descrivendo la grande ondata di scioperi degli anni 1990 e 1901. (…) Niente, invece, in tutti questi articoli testimonia di una partecipazione diretta o indiretta dei collaboratori italiani alla polemica internazionale sul revisionismo che proprio in quegli anni si stava svolgendo sulle colonne della ‘Neue Zeit’. Ciò che costituisce una riconferma di quanto è stato più volte osservato, e cioè che il revisionismo in Italia fu fenomeno tutt’altro che sincronizzato con quello tedesco e europeo in generale (38)”. [Nota (38). “A queste conclusioni, alle quali sono pervenuti per diversa via gli studiosi italiani che si sono occupati di questo problema, da Leo Valiani a Pier Carlo Masini ad Enzo Santarelli, corrispondono gli accenni alla polemica sul revisionismo contenuti nelle lettere dei corrispondenti italiani a Karl Kautsky e ad Eduard Bernstein. I più favorevoli a Bernstein appaiono alcuni intellettuali. Napoleone Colajanni, ad esempio, inviando il 17 ottobre 1899 a Bernstein la seconda edizione del suo ‘Socialismo’, aveva cura di sottolineare che la “intonazione del libro è tutta conforme a quella dei vostri ‘Presupposti'” (IISG, Bernstein-Nachlass, D 106). A sua volta, Antonio Graziadei, all’indomani del congresso di Hannover della SPD che aveva avuto al centro dei suoi lavori la ‘Bernstein-Debatte’, protestava la sua simpatia al socialdemocratico tedesco ancora esule in Inghilterra, compiacendosi per il fatto che, benché “en Italie on étudie très peu”, ‘Critica sociale’ avesse assunto verso le teorie di Bernstein una posizione più conciliante che non l”Avanti!’ (Graziadei a Bernstein, 6 dicembre 1899, in IISG, Bernstein-Nachlass, D 221). E’ tuttavia da notare che in questi anni, quando per il socialismo italiano si pone in primo piano il problema della difesa delle libertà costituzionali, l’atteggiamento di Turati è assai riservato. Nel richiedere a Bernstein una prefazione alla traduzione italiana dell”Origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato’, egli faceva appello alla sua devozione per Engels perché trovasse il modo di scriverla: “Vous n’avez jamais rien écrit, d’ailleurs, pour ces pauvres chiens d’italiens, qui vous aiment beaucoup tout de même et qui font des efforts desespérés pour ne pas être engloutis par une réaction gouvernamentale folle – ils méritent donc ce petit sacrifice de votre temps” (Turati a Bernstein, 9 maggio 1900, in IISG, Bernstein-Nachlass, D 717). E il 18 agosto 1901, pur dichiarandosi favorevole alla traduzione delle ‘Voraussetzungen’ di Bernstein, gli scriveva: “je n’ai pas la hautesse de juger votre difference avec Kautsky et les marxistes purs, mai je crois que notre parti n’a qu’à gagner à entendre et à faire sujet d’examen les données du débat” (ibidem, D 720). Probabilmente non si trattava solo del fatto che Turati doveva difendersi dalle critiche trasmessegli da Kautsky per la forma conciliante del giudizio sul congresso di Hannover espresso dalla ‘Critica sociale’ (Turati  a Kautsky, 19 gennaio 1900, in IISG, Kautsky-Nachlass, D XXII 244), quanto della necessità più propriamente politica di non spostare in modo preminente sulle teorie revisionistiche il peso del riformismo italiano”] [Ernesto Ragionieri, ‘L’Italia e il movimento operaio italiano nella “Neue Zeit” (1883-1914)’ (in) ‘Il marxismo e l’internazionale’, 1968]