“Nel ’44 Marx è molto colpito dagli ‘Umrisse’ di Engels. Il discorso di Engels si fonda soprattutto sul rilevamento della anarchia concorrenziale e della irrazionalità economica che falsifica qualsiasi ipotesi relativa al valore, al “prezzo naturale”. Le leggi dell’economia politica – e quindi la legge del valore – sono false leggi e servono direttamente da copertura ideologica al dominio di classe: valgono solo a patto di rimuovere le condizioni specifiche di apparizione dei fenomeni che dovrebbero spiegare” (19). La teoria del valore/lavoro viene rifiutata da Marx sul piano della sua falsificazione immediata, le oscillazioni dei prezzi sul mercato concorrenziale e la distorsione operata dai meccanismi di autoregolazione del sistema (il disordine/ordine del modo i produzione capitalistico). Ma già a questo livello, in cui la critica di Marx resta esterna e in superficie rispetto alla struttura del modo di produzione, si delinea il discorso sulla rottura radicale, il piano alternativo rispetto alla teoria economica. L’economia politica è ‘dentro’ l’alienazione: e l’alienazione si fonda, in ultima analisi, su un tipo specifico di articolazione dei rapporti di classe quanto alla produzione. Ridotta alla sua struttura reale-pratica, l’alienazione esprime semplicemente il rapporto tra espropriazione e appropriazione sociale. Marx insiste sul nesso tra alienazione e proprietà.” [Salvatore Veca,  Marx e la critica dell’ economia politica, 1973] [(19) Cfr. F Engels, Umrisse zu einer Kritik der Nationalökonomie’, trad. it. di G.M. Bravo, in Annali franco-tedeschi, Milano, 1961, pp. 143-177: p. 151 e sgg; p. 161 e sgg.]