“(…) la tesi di Lenin, secondo cui la concorrenza trasformandosi nel suo opposto, il monopolio, non viene eliminata ma coesiste con esso, dando così origine a una serie di aspre e improvvise contraddizioni (7), risulta tutt’altro che smentita e riceve invece nuove e più chiare conferme dagli sviluppi del capitalismo contemporaneo. Nemmeno si può dire che in questa non pacifica “coesistenza degli opposti” il monopolio ‘prevalga’ sulla concorrenza: se così fosse la concorrenza potrebbe essere considerata solo come un ‘residuo’ e la contraddizione apparirebbe superabile all’interno del capitale monopolistico. (…) Su questa coesistenza di concorrenza e monopolio si basa la principale conclusione di Lenin nella sua analisi dell’imperialismo, cioè la sua definizione del capitalismo monopolistico (imperialismo) come “capitalismo di transizione”. E’ difficile capire il senso di questa conclusione, e le conseguenze che ne derivano, se non si comprende il significato della citata affermazione di Marx secondo cui lo sviluppo della società per azioni significa “la soppressione (‘Aufhebung’) del modo di produzione capitalistico nell’ambito dello stesso modo di produzione capitalistico”. Civettando ancora una volta con una tipica locuzione hegeliana Marx ne fa qui un uso che è in realtà estraneo alla logica di Hegel. ‘Aufhebung’, nel senso hegeliano, è una ‘soppressione’ che è al tempo stesso ‘conservazione’; ma per Marx, a differenza di Hegel, questo sopprimere che è insieme un conservare non è l’effettivo superamento, ma la massima espressione di una contraddizione che deve ancora essere superata. Tale “soppressione-conservazione” del modo capitalistico di produzione, in quanto esprime “una contraddizione che sopprime e conserva se stessa” (9), deve infatti essere intesa, precisa Marx, solo come “momento di transizione verso una nuova forma di produzione” (dove, evidentemente, il vecchio modo di produzione sarà effettivamente e completamente ‘soppresso'” (10)). Ma l’esasperazione di tutte le contraddizioni immanenti nel modo di produzione capitalistico diventa la caratteristica fondamentale di questo processo di transizione, e solo questa caratteristica giustifica la definizione leniniana del capitalismo monopolistico come “capitalismo di transizione”” [Valentino Gerratana, Base e sovrastruttura nel “capitalismo di transizione”] [(in) Critica marxista, Roma, n° 1 gennaio-febbraio 1971] [(7) Cfr. Lenin, L’imperialismo fase suprema del capitalismo, in Opere, v. 22, Roma, 1966 (…); (9) ‘Nell’originale tedesco “ein sich selbst ‘aufhebender’ Widerspruch”; nella traduzione italiana citata (“una contraddizione che si distrugge da se stessa”, ‘Capitale’, cit, III, 2, p. 125) il significato di questa espressione risulta falsato perché si tralascia il momento del conservare implicito nell’accezione hegeliana del termine di ‘aufheben’. E’ chiaro che per Marx non si tratta affatto di una contraddizione che si distrugge da se stessa, ma al contrario di una contraddizione che si esaspera attraverso questo particolare modo di “sopprimersi” e di “conservarsi”‘; (10) ‘Poco prima lo stesso Marx aveva mostrato un particolare aspetto concreto di questa tendenza generale di sviluppo, sottolineando la separazione che con la formazione delle società per azioni viene a determinarsi tra proprietà e direzione dell’impresa capitalistica; cioè la “trasformazione del capitalista realmente operante in semplice dirigente, amministratore di capitale altrui, e dei proprietari di capitali in puri e semplici proprietari, puri e semplici capitalisti monetari” (Il Capitale, cit, III, 2, p. 122). Questa separazione (…) è da un lato, secondo Marx, un “risultato del massimo sviluppo della produzione capitalistica”, e dall’altro “‘un momento necessario di transizione'” verso un nuovo modo di produzione in cui la proprietà privata capitalistica sarà completamente trasformata in proprietà sociale, come anche “un momento di transizione per la trasformazione di tutte le funzioni che nel processo di riproduzione sono ancora connesse con la proprietà del capitale, in semplici funzioni dei produttori associati, in funzioni sociali” (Il Capitale, cit, III, 2, p. 123)’]