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“Succede, per parlare il linguaggio di Marx, che la macchina diventi l’arma più potente del capitale nella sua lotta contro la classe operaia; che il mezzo di lavoro strappi all’operaio i suoi mezzi d’esistenza; che il proprio prodotto del lavoratore divenga l’istrumento del suo asservimento. Succede, che “l’economia delle spese di produzione si caratterizzi colla dilapidazione la più sfrenata della forza del lavoro, e colla lesineria la più sfrontata delle condizioni del suo perfezionamento”; che la macchina, questo potente mezzo d’abbreviare il lavoro, divenga il più sicuro mezzo di trasformare la vita intiera del lavoratore, e quella della sua famiglia, in tempo di lavoro disponibile per la messa in valore del capitale; che il soprallavoro degli uni generi l’ozio forzato degli altri; e che la grande industria la quale percorre il globo in cerca di nuovi consumatori, riduca in casa propria le masse al minimo del consumo misurato dalla fame, e distrugga colle sue proprie mani il suo mercato interno. “La legge, che sempre equilibra il progresso e l’accumulazione del capitale e della sovrappopolazione relativa, ribadisce più solidamente il lavoro al capitale, di quanto i chiodi di Vulcano non ribadissero Prometeo alla sua roccia. Gli è questa legge che stabilisce una correlazione fatale fra l’accumulazione del capitale e l’accumulazione della miseria; in modo che accumulazione di ricchezze ad un polo è altrettanta accumulazione di povertà, di sofferenza, d’ignoranza, d’abbrutimento, di degradazione morale, di schiavitù al polo opposto, cioè da lato della classe che produce il suo proprio prodotto sotto forma di capitale”. E chiedere alla produzione capitalistica un’altra distribuzione dei prodotti, sarebbe chiedere agli elettrodi di una batteria di non più decomporre l’acqua, inviando l’ossigeno al polo positivo e l’idrogeno al polo negativo, sino a tanto che il circuito resti chiuso” [Federico Engels, Socialismo utopistico e Socialismo scientifico, 1892 – 1907]