“(…) per Marx l’individuazione dei ‘problemi’ che deve risolvere un programma scientifico che voglia render conto delle leggi di movimento del capitalismo vale se e solo se è vera la teoria del valore lavoro. La teoria del valore, a sua volta, è ‘vera’ (per Marx) se e solo se è possibile ridurre o ricondurre, in ogni caso, la forma di valore alla sostanza, i valori di scambio ai costi sociali reali; solo se vige, al variare delle forme e dei contesti, quel principio di conservazione che abbiamo visto così profondamente all’opera nella visione classica e marxiana. Per questa via si comprende perché Marx abbia dedicato tanta fatica alla impostazione e ai tentativi di soluzione del problema della trasformazione dei valori in prezzi di produzione. E si tocca con mano un’area di tenace continuità con almeno un percorso della teoria classica. Marx tenta veramente di “tenere tutto” dentro la sua teoria del valore (Cfr. Vianello [1973] pp. 114-115). I classici, e soprattutto Ricardo, non sono stati abbastanza coerenti nel perseguire il programma del valore lavoro. Ha giustamente osservato Mark Blaug: “La soluzione del problema è fornita nel terzo libro del Capitale, in cui Marx trasforma i “valori” in “prezzi”. Il cosiddetto problema della trasformazione merita un attento esame: non, forse, per il suo interesse intrinseco, ma perché rappresenta il primo e unico tentativo nella storia del pensiero economico di portare la teoria del valore lavoro alle sue conclusioni logiche” (Blaug [1970], p. 299). Il problema della trasformazione riporta in primo piano quegli assunti in termini “fisici” che abbiamo visto costituire un tratto permanente della ricerca classica e marxiana. L’idea della conservazione dell’energia lavorativa erogata e della sua trasformazione (qui, nel senso della redistribuzione di una sua parte in dipendenza dalle condizioni capitalistiche del contesto) è centrale per l’impostazione di Marx” [Salvatore Veca, Saggio sul programma scientifico di Marx, 1979]