“Tale condizione incise profondamente sul lavoro di Marx e sui suoi tempi: “spesso debbo perdere l’intera giornata per avere uno scellino. Ti assicuro che, quando considero i dolori di mia moglie e la mia personale impotenza, manderei tutto al diavolo” (K. Marx a F. Engels 25 ottobre 1852, in Marx Engels Opere vol XXXIX pp. 169). A volte la situazione raggiunse livelli insostenibili, ad esempio nell’ottobre del 1852, quando egli scrisse a Engels: “ieri ho impegnato il vestito che mi feci a Liverpool per comprare della carta da scrivere” (K. Marx a F. Engels, 27 ottobre 1852, ivi, p. 175). Comunque, a tenere alto il morale di Marx rimanevano sempre le tempeste sui mercati ed egli ne scrisse, infatti, nelle lettere indirizzate a tutti gli amici più vicini. Con grande autorionia, nel febbraio del 1852 aveva dichiarato a Lassalle: “la crisi finanziaria ha raggiunto un culmine paragonabile solo alla crisi commerciale che adesso si fa sentire a New York e a Londra. Purtroppo io, a differenza dei signori commercianti, non ho neppure la risorsa della bancarotta” (K. Marx a F. Lassalle, 23 febbraio 1852, ivi, p. 525). Ancora, in aprile aveva detto a Weydemeyer che, a causa di circostanze straordinarie quali le scoperte dei nuovi giacimenti d’oro in California e Australia e la penetrazione commerciale degli inglesi in India, “può darsi che la crisi si faccia attendere fino al 1853. Ma poi l’esplosione sarà terribile. Fino a quel momento non c’è da pensare a convulsioni rivoluzionarie” (Karl Marx a Joseph Weydemeyer, 30 aprile 1852, ivi, p. 550). A Engels, infine, nell’agosto del 1852, subito dopo i fallimenti seguiti alla speculazione negli Stati Uniti, aveva trionfalmente comunicato: “non é questa la crisi imminente? La rivoluzione potrebbe venire prima di quanto desideriamo” (Karl Marx a Friedrich Engels, 19 agosto 1852, ivi, p. 119). Del resto, Marx non si limitò ad esprimere queste valutazioni solo nel suo carteggio, ma ne scrisse anche sul “New York Tribune”. Nell’articolo del novembre 1852 ‘Pauperismo e libero scambio’, infatti, commentando il grande flusso degli investimenti industriali in corso, aveva affermato: “la crisi assumerà un carattere assai più pericoloso che nel 1847, quando ha avuto un carattere commerciale e finanziario più che non industriale”, poiché “quanto più il capitale eccedente si concentra nella produzione industriale, (…) tanto più massiccia sarà la crisi e tanto più a lungo ricadrà sulle masse lavoratrici” (Marx, Pauperismo e libero scambio, in Marx Engels Opere, vol. XI, 1982, p. 373)” [Marcello Musto, Ripensare Marx e i marxismi. Studi e saggi, 2012]
- Categoria dell'articolo:Nuove Accessioni
- Articolo pubblicato:28 Dicembre 2012