“La questione che si pone a Gramsci è evidentemente quella dei “rapporti tra struttura e superstruttura”, “un problema cruciale del materialismo storico” da esplorare assumendo a filo conduttore alcuni passi della ‘Prefazione’ del ’59 a ‘Per la critica dell’economia politica’: “Occorre muoversi nell’ambito di due principi: 1) quello che nessuna società si pone dei compiti per la cui soluzione non esistano già le condizioni necessarie e sufficienti o esse non siano almeno in via di apparizione e di sviluppo; 2) e quelle che nessuna società si dissolve e può essere sostituita se prima non ha svolto tutte le forme di vita che sono implicite nei suoi rapporti” (1). Mentre nel Marx della ‘Prefazione’ del ’59 la relazione tra sviluppo delle forze produttive e coscienza sociale appariva ai teorici della Seconda Internazionale consequenziale, con il “mutamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente l’intera gigantesca soprastruttura” (K. Marx, Prefazione a ‘Per la critica dell’economia politica’, 1975, p. 17)  che per l’appunto s’innalza sulla struttura economica, Gramsci da quel passo ne ricava due principi e avverte che “questi principi devono prima  essere svolti criticamente in tutta la loro portata e depurati da ogni residuo di meccanicismo e fatalismo” (2). Gramsci opera una vera e propria trasformazione dell’interpretazione dell’enunciato di Marx, ne rifiuta il nesso lineare che tiene insieme il testo marxiano, lo problematizza, ne ricava due canoni metodologici, di cui uno non è conseguenza dell’altro, ma sono componenti da coordinare e sviluppare giacché dalla “riflessione su questi due canoni si può giungere allo svolgimento di tutta una serie di altri principi di metodologia storica” ((1) (2) (3) Gramsci, Quaderni del carcere, p. 1579, p. 1774,  1759) [Vincenzo Orsomarso, Il progresso intellettuale di massa, 2006]