“Abbiamo parlato della battaglia dell’operaio contro il capitale. Questa battaglia esiste, nonostante quello che sostengono gli apologeti del capitale. E continuerà ad esistere finché la riduzione dei salari rimarrà il più sicuro e rapido strumento per accrescere i profitti; anzi, finché esisterà il sistema salariale stesso. La stessa esistenza dei sindacati è una prova sufficiente di questo fatto; se non sono fatti per combattere contro l’usurpazione del capitale, che vengono istituiti a fare? Non servono smancerie. Nessuna parola dolce può nascondere lo spiacevole fatto che la presente società è divisa principalmente in due grandi classi antagoniste – in capitalisti, detentori di tutti i mezzi per l’impiego del lavoro, da un lato; e in operai, detentori di nient’altro che della loro forza-lavoro, dall’altro. Il prodotto del lavoro di questi ultimi dev’essere diviso tra entrambe le classi, ed è su questa divisione che si sviluppa costantemente il conflitto. Ogni classe tenta di ottenere la quota più grande possibile; e l’aspetto più curioso di tale battaglia è che la classe operaia, lottando per ottenere una quota di ciò che essa stessa ha prodotto, è spesso accusata di voler derubare i capitalisti! Ma una battaglia tra due grandi classi  sociali diviene necessariamente una battaglia politica. Così è stato per la lunga battaglia tra la classe media, o capitalista, e l’aristocrazia terriera; così è anche  per la lotta tra la classe operaia e questi stessi capitalisti. In ogni lotta di classe contro classe, l’obiettivo finale per cui si combatte è il potere politico; la classe dominante difende la propria supremazia politica (…)” [F. Engels, Sindacati, seconda parte, articolo pubblicato il 4 giugno 1881 sul ‘Labour Standard’] [in Marco Piracci, ‘Le persone prima dei profitti. Il movimento operaio e la sinistra rivoluzionaria in Inghilterra’, 2009]