“Adam Smith aveva riconosciuto questa dipendenza: “Senza impiego molti lavoratori non potrebbero sussistere neppure per una settimana, pochi un mese, e quasi nessuno un anno”, egli scrive. “Nel lungo andare il lavoratore può essere altrettanto necessario al suo datore quanto il suo datore a lui, ma tale necessità non è così immediata” (Smith, La ricchezza delle nazioni). Ciò che Smith non aveva riconosciuto era questo aspetto, sottolineato invece da Marx: la dipendenza presupponeva anche la dissoluzione dei precedenti rapporti sociali, dove il contadino aveva il diritto di tenere per sé una parte del raccolto da lui direttamente coltivato, e dove il lavoratore urbano possedeva i propri mezzi di produzione, ad esempio un telaio, un tornio da vasaio e altri strumenti del genere. L’alterazione di questo rapporto rappresentò il prodotto finale di un lungo processo rivoluzionario, che ha avuto inizio nel XV secolo o anche prima, si è protratto per tutto il XIX secolo e in alcune parti del mondo è ancora in atto, in cui il movimento delle ‘enclosures’, la distruzione delle gilde e mestieri protetti, la creazione di un proletariato nelle cantine della società e le forze vorticanti delle nuove tecnologie hanno scompaginato le relazioni sociali dei vecchi regimi socio-economici e spianato la strada ad una forma di regime completamente nuova: il capitalismo. Per quanto diverse fossero le azioni di questa immensa rivoluzione, il suo effetto fu sempre lo stesso: i diritti consolidati che garantivano l’accesso ai prodotti furono sostituiti da nuovi diritti, secondo cui a contadini e lavoratori era legalmente precluso l’accesso ai loro mezzi di sussistenza. Solo se si comprende che l’entità apparentemente concreta del capitale è di fatto la rappresentazione di questo rapporto di dipendenza tra due differenti categorie di esistenza sociale, si può comprendere il significato del capitale e, con esso, l’influenza che esso esercita sulla sfera del comportamento in quanto fondamentale elemento costitutivo della natura del sistema eretto in suo nome” [Robert L. Heilbroner, Natura e logica del capitalismo, 2001]