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“Ma poi c’è stato il salto di qualità della ‘rivoluzione industriale’ che ha portato alla comparsa delle “macchine”, sia motrici (come la caldaia a vapore) che operatrici (come i telai meccanici). Il processo di produzione ha così preso a muoversi in una forma sempre più autonoma dal lavoro fino a culminare, già al tempo di Marx, in un ‘sistema automatico di macchine’ in cui ognuna “compie senza assistenza umana tutti i movimenti necessari per la lavorazione della materia prima, ed ha ormai bisogno soltanto dell’uomo a cose fatte” (Marx, Il capitale, p. 423). In questo ambiente di meccanizzazione estrema intravisto da Marx: “l’operaio non è più quello che inserisce l’oggetto naturale modificato come membro intermedio fra l’oggetto e se stesso, ma è quello che inserisce il processo naturale, che egli trasforma in un processo industriale, come mezzo fra se stesso e la natura inorganica, della quale s’impadronisce. Egli si colloca accanto al processo di produzione, anziché esserne l’agente principale” (K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, 1857-1858′, vol II, 1970, p. 401) [Giorgio Gattei, Storia del valore-lavoro, 2011]