“La Rivoluzione francese costituisce, insieme a quelle olandese e inglese del secolo XVII, il coronamento della lunga evoluzione economica e sociale che ha reso la borghesia padrone del mondo. (…) Ricercando i presupposti storici della Carta del 1814, Guizot metteva in evidenza che l’originalità della società francese – come di quella inglese – consisteva essenzialmente nella presenza, tra il popolo e l’aristocrazia di una forte classe borghese, che aveva a poco a poco elaborato la propria ideologia e formato i quadri di una società di tipo nuovo, di cui il 1789 era stato la consacrazione. Tocqueville dopo di lui, e in seguito anche Taine, sostennero la stessa opinione. (…) Questi storici però (…) non si erano molto preoccupati di procedere a un’indagine precisa sulle origini economiche della Rivoluzione o sulle classi sociali che ne erano state protagoniste. Soprattutto, nonostante la loro lucidità, questi storici borghesi non erano stati in grado di mettere in evidenza l’elemento essenziale: che la Rivoluzione si spiega, in ultima analisi, con una contraddizione fra i rapporti di produzione e il carattere delle forze produttive. Marx ed Engels per primi, nel ‘Manifesto del partito comunista’, sottolinearono con forza che i mezzi di produzione – sulla base dei quali fu costruita la potenza della borghesia – erano stati creati e si erano sviluppati all’interno stesso della “società feudale”. Alla fine del secolo XVIII il regime della proprietà, l’organizzazione dell’agricoltura e della manifattura non corrispondevano più alle forze produttive in pieno sviluppo e costituivano altrettanti impedimenti per la produzione. “Era necessario spezzare quelle catene”, scrivono gli autori del ‘Manifesto’, “ed esse furono spezzate”.” [prefazione][Albert Soboul, La Rivoluzione francese, 1991] (2° edizione)