“Quello che scriveva Guglielmo Liebknecht di Marx, nei suoi ricordi: “Bisogna aver visto Marx con i suoi bambini per avere una idea perfetta della profondità e della purezza dei sentimenti di questo eroe della scienza”, vale esattamente per Gramsci e le sue ‘Lettere’. Ma il raffronto con quel padre affettuoso che fu Marx non è casuale e può allargarsi acquistando spunti commoventi. Di Marx scrive Paul Lafargue nelle sue memorie: “Passava delle ore intere a giocare con i suoi bambini. Questi ricordano tuttora le battaglie navali e gli incendi di intere flotte di carta che costruiva per essi e poi abbandonava alle fiamme in un grande secchio colmo d’acqua, suscitando il loro festoso giubilo. Di domenica le figlie non permettevano che lavorasse affinché appartenesse loro per tutta la giornata. Quando il tempo era bello, tutta la famiglia partiva per una gita in campagna, sostava lungo la strada in qualche modesta trattoria a bere birra di zenzero e a mangiare pane e formaggio. Quando le figlie erano ancora piccine, abbreviava loro il cammino raccontando interminabili fiabe fantasiose che inventava camminando e delle quali ampliava e drammatizzava l’intreccio seconda la lunghezza della strada, di modo che le piccole ascoltatrici dimenticassero le stanchezze.” Ebbene, chi a proposito di questi giochi non ricorda subito quelli che Gramsci figurava nelle sue lettere per i figli?”. [Antonio Meocci, Gramsci e i bambini, Rinascita, N. 8-9, agosto-settembre 1951]