“La borghesia francese, il cui “talento, il cui sapere, la cui penetrazione, e le cui risorse intellettuali” non arrivano al di là de suo naso, poteva del resto, durante l’esposizione industriale di Londra, ritrovare in ciò, magari col suo naso, i veri motivi della propria miseria commerciale. Se non che, mentre in Francia si chiudevano le fabbriche, si apriva in Inghilterra una serie di bancarotte commerciali; e, mentre il panico industriale toccava in Francia nell’aprile e nel maggio il colmo della parabola, in Inghilterra avveniva lo stesso panico commerciale. Con la depressione dell’industria francese della lana e della seta, deperivano le omonime industrie dell’Inghilterra. E, se le fabbriche di cotone inglesi lavoravano di più, esse non rendevano un profitto analogo a quello del 1847 e 1850. La differenza era dunque questa: che la crisi in Francia, si palesava nell’industria, in Inghilterra, nel commercio; che, mentre in Francia le fabbriche tacevano, in Inghilterra continuavano a progredire, quantunque in condizioni più sfavorevoli degli anni trascorsi; che, in Francia, soffriva maggiormente l’esportazione, in Inghilterra l’importazione. I motivi generali di ciò, i quali naturalmente non sono da ricercare sull’orizzonte politico francese, erano agevolmente visibili. Il 1849 ed il 1850 erano stati due anni di grandissima prosperità materiale e di una sovraproduzione, che per primo si era palesata come tale nel 1851, e che, al principio di quest’anno, era stata non lievemente eccitata dalla prospettiva dell’esposizione industriale. A ciò sono da aggiungere circostanze particolari. (…)” [Carlo Marx, Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte (1852), 1922] (pag 73-74)